Storia e simboli dello Yoga attraverso le collezioni del Museo di Arte Orientale di Torino

images-9Venerdì 18 luglio, alle ore 16, faremo una passeggiata insieme al Museo di Arte Orientale (MAO). Via San Domenico 11. La partecipazione è gratuita, tranne per il biglietto al Museo! Indispensabile comunicare la propria presenza. Appuntamento dell’atrio del Museo. Il gruppo sarà al massimo di 20 persone. 

Il linguaggio dello yoga, di antiche e lontane origini, non soltanto oggi è ancora in grado di parlare alle persone, ma sta anzi conoscendo un momento di incredibile successo. Mai come ora, milioni di persone in tutto il mondo praticano yoga.
Per chi oggi pratica yoga in occidente, è difficile trovare il collegamento con l’antica civiltà che ha prodotto questa disciplina: è difficile perché si tratta di avvicinare un’altra cultura durata un arco di tempo lunghissimo.

Siamo sicuri di praticare proprio yoga e non qualche interpretazione moderna? Che relazione c’è tra il nostro yoga e quello inventato duemila anni fa? Come possiamo tentare di avvicinare l’antica sapienza? Molti insegnanti e studenti di yoga oggi se lo stanno chiedendo.

Il primo e più diretto sistema per rispondere alla domanda sarebbe quello della lettura dei testi ma le arti figurative ci permettono, sicuramente in forma più immediata, di accostarci a questa antica disciplina e alla filosofia che la anima. La nostra città ha la fortuna di ospitare un bellissimo Museo di Arti Orientali e attraverso le opere del Museo ed in particolare nella preziosa collezione di arte dal Gandhara possiamo notare alcune caratteristiche molto precise.

Nelle rappresentazioni buddiste più antiche possiamo ritrovare i canoni dello yoga di Patanjali: la posizione seduta dell’Illuminato, il padmasana, l’importanza delle mani e dei piedi contrassegnati dal simbolo del Dharma, l’importanza della schiena eretta e dello sguardo rivolto all’interno, i segni al centro della fronte e alla sommità del capo, a sottolineare la simmetria della posizione controllata e silenziosa, necessaria per ricevere la verità. images-11

Nel periodo dell’impero Gupta (IV-VIII secolo d.C.), che vede il ritorno alla tradizione induista, l’arte sacra conosce una fioritura incredibile, soprattutto nel perfezionamento dell’architettura dei templi, costruiti su ampie piattaforme, dotati di percorsi coperti per le processioni e con celle sempre più ampie e ricche, decorate da bassorilievi di divinità ricchi di simboli, tanto da avere quattro o più mani! Anche i testi sullo yoga e le altre filosofie ispirate dai Veda conoscono una grande diffusione, con nuovi commentari e trascrizioni. Ma è anche questo il periodo di grande fortuna dei testi e delle rappresentazioni “tantriche” con cui lo yoga entra di prepotenza nella pratica quotidiana dell’induismo.



Krishna_and_Arjun_on_the_chariot,_Mahabharata,_18th-19th_century,_India
Infine, alcune miniature più tarde dal Rajasthan, raccontano la fortuna del culto popolare di Krishna e del lungo racconto della Baghavadgita, il romanzo più amato dagli indiani e tuttora oggetto di venerazione nei numerosi templi dedicati. Proprio la popolarità degli Hari Krishna si lega agli inizi del successo del’India e delle sue culture in occidente, a partire dagli anni ’70 del secolo scorso, per arrivare fino a noi.

(Emanuela Zanda)